Libbiano, in epoche diverse, ha avuto ben tre chiese principali: la più antica era quella posta in Torre, ai piedi del Castello; dopo questa fu costruita l’attuale Chiesa posta nel cuore del paese e intestata ai SS. Simone e Giuda, patroni di Libbiano la cui festa si celebra il 28 ottobre. Oltre a queste c’è la Chiesina all’ingresso del paese dedicata alla Madonna della Neve.
Ma vediamo come queste Chiese hanno segnato la vita del paese.
ADDIRITTURA PRIMA DELL’ANNO 1000
L’esistenza di alcune chiese in Libbiano viene ricordata prima dell’anno 1000. Infatti il 23 giugno del 971 Pietro, il vescovo di Volterra “padrone di una metà del castello, case e chiese di Libbiano”, scambia con un tale Guinicio di Camarino il terreno detto “Tucennano” col poggio chiamato “Colle Delizia” (il terreno detto volgarmente “Tigugnano” scendeva verso la Trossa; nel 1400 vi si ricavava zolfo, allume e vetriolo ed era di proprietà della Chiesa dei SS. Simone e Giuda). Verso la metà del 1200 gli abitanti di Libbiano pagavano alla chiesa “le decime e le primizie” e il loro Comune provvedeva a mantenere la chiesa.
Nel secolo XIII si cominciò la costruzione della chiesa posta in Castello; esiste ancora la memoria scritta in latino posta ora sulla facciata di una casa che tradotta in italiano suona così: “Ubertino di Como mi fece; Celle di Jacopo, Chele di Riccomanno, Manuello, Tancredi e Martino operai di questa chiesa, 13 dicembre 1287”. Alla fine del 1325 la chiesa non era ancora terminata e il Vescovo Rainuccio Allegretti ordinò al Vicario e ai Consiglieri del Comune di fare l’ammattonato prima della Quaresima e l’ala mancante della crociera prima di Tutti i Santi. Nel 1330 mancava ancora il campanile, però vi erano già due campane, una dedicata al SS. Salvatore e l’altra alla Madonna.
Nel 1421 il prete Manno dichiara che “il popolo insieme ai nobili (Cavalcanti) sceglie il pievano e il Vescovo lo conferma”. Nel 1463 in chiesa si trova la “pila per il Battesimo” e nel 1477 il pievano Fra’ Paolo dice al Vescovo che si battezza anche a Libbiano perché la Pieve di Micciano è stata rovinata dalle guerre; si scusa che manchi ancora il campanile sebbene la “Compagnia lo abbia ordinato da tempo perché i muratori e i manovali perdono tempo”.
Negli ultimi anni del 1400 e nei primi del 1500, la chiesa (che era lunga “braccia quaranta, larga otto e alta dieci”) fu abbellita dallo scultore volterrano Zaccaria Zacchi che realizzò due statue in terracotta policroma: la Madonna e l’Arcangelo Gabriele. In quell’epoca c’era un uso caratteristico: per la festa di “Tutti i Santi” veniva fatto un pranzo al quale partecipava “un uomo per casa”.
UN RICORDO RECENTE
Agli inizi degli anni ’70, molti ragazzi libbianesi o comunque villeggiati, decisero di liberare la Chiesa di Torre dagli immensi rovi che la celavano e ritrovare tracce di memoria di quello che era stata. Ero fra questi. Ricordo ancora il caldo della giornata piena di sole accresciuto dal calore del fuoco che appiccamo per bruciare una gran parte dei rovi che spaventavano solo a vederli!
Dopo una giornata di faticosa pulizia con roncole, falci e fiammiferi, ritrovammo il perimetro murario della chiesa e il pavimento in cotto. Sul lato frontale della chiesa c’era il cimitero del paese diviso in due dal sentiro che portava all’ingresso. La chiesa era a forma di croce latina e nell’ala sotto i resti del Castello trovammo il fonte battesimale. Proprio lì fu rinvenuta una piccola lapide in marmo dove in latino era scritto l’equivalente della frase: “E’ necessario rinascere”. Questa lapide fu consegnata a Don Niccolò Ceccanti, all’epoca pievano di Libbiano, che finché è stato in vita l’ha conservata in canonica… poi ne sono state perse le tracce…!
Oggi il perimetro dell’antica chiesa è ancora intuibile in Torre, grazie ai lavori di riattamento fatti dal Comune di Pomarance che permettono di praticare la sommità del colle libbianese dove è stato posto un cannocchiale che permette di vedere tutt’attorno.
IL PRIMO CAMBIAMENTO A META’ DELL’800
Nel 1848 il pievano Gabriello Sarperi, considerando che l’antica chiesa si trovava in un luogo molto scomodo ed esposto ai venti, fece costruire a sue spese la chiesa attuale su disegno dell’architetto Ricci. Il progetto comprendeva anche due cappelle laterali, mai costruite. Lo stesso pievano Sarperi nel 1848 ridusse a cappella un’edicola della Madonna aggiungendovi un loggiato che nel 1859 trasformò in Chiesa della Madonna. A questa spesa concorse il signor Müller, di religione protestante, allora direttore della miniera di Monterufoli.
Dal 5 agosto 1859 si cominciò a celebrarvi la festa della “Madonna della Neve” davanti al quadro portato dalla vecchia chiesa.
Nel territorio di Libbiano esisteva anche un oratorio dedicato a S. Tommaso (sulla strada che va a Monterufoli, ndr). Il cappellano titolare era tenuto a celebrare una messa alla settimana e a solennizzare la festa del Santo (21 dicembre) e la festa della Madonna Assunta (15 agosto). La rendita di questa Cappella veniva pagata dalla famiglia Barsotti di Libbiano che aveva in affitto i beni della Cappella. Nell’anno 1795 l’oratorio era in rovina. Sempre nel territorio di Libbiano esisteva un oratorio dedicato all’apostolo Andrea di proprietà della famiglia Maffei di Volterra.
Come risulta da una pergamena del 1782, “il patronato”, cioè il diritto di scegliere e nominare il pievano, spettava alla famiglia Cavalcanti e al comune di Libbiano. Questo diritto veniva esercitato alternativamente: una volta dai Cavalcanti e la volta successiva dal popolo di Libbiano. La nomina del prete Landi fu fatta dalla “Nobile Donna Caterina Concordia” figlia unica del capitano Giovanni Cavalcanti e sposata con tale Ranucci di Città di Castello. Morta Caterina Cavalcanti il diritto passò alla famiglia Ranucci. Attualmente la parrocchia di Libbiano è di libera collazione del Vescovo di Volterra.
Presso la via che conduce a Monterufoli esisteva un’altra chiesa dedicata al martire greco S. Ermete (volgarmente detto S. Ermo). Questa era una chiesa parrocchiale e intorno al 1200 pagava una tassa al Papa per la liberazione del Santo Sepolcro, al tempo delle Crociate.
di Sara Costagli, Tommi Fedeli, Paolo Bartalesi
A proposito delle Chiese di Libbiano, ci piace pubblicare un breve racconto di Vilma Sforzi Pierucci che si rifà all’ultimo periodo bellico.
LA CHIESA DI LIBBIANO
Nel ’42, per paura dei bombardamenti, si lasciò Cecina. Il luogo più sicuro ci sembrò un podere chiamato Sabbi, dopo Saline, per la strada che porta a Pomarance e perciò piuttosto lontano.
Mio marito parlò col capoccia e gli disse: “Se ci date accoglienza, vi pago la stessa pigione che pagavo a Cecina.” Questi contadini erano molto poveri ma di buon cuore e ci dettero alloggio; e forse erano anche contenti di avere un po’ di soldi ogni mese.
Cominciò così la nostra vita di sfollati.
Si stette al podere Sabbi dal settembre del ’42 al dicembre dell’anno dopo. Mio marito andava e veniva perché lavorava in ferrovia. Nella primavera seguente, nel ’44, si dovette andar via: era un continuo via vai di tedeschi che razziavano ogni cosa; un mattino portarono via anche la bicicletta che serviva a mio marito per andare al. lavoro.
“Non é piu caso di star qui – si disse – potrebbe capitard qualcosa di peggio.” E così un giorno con mio marito, le mie due figlie e i tre figli del contadino, che ci accompagnò con un carro aggiogato a due buoi, ci si mise in cammino per Libbiano.
Avevamo caricato un fornello, delle materasse e un po’ di viveri per scampare qualche giorno, più una capra e un maiale. Durante il viaggio, fortunatamente, non ci furono incidenti o ruberie e a sera si arrivò a Libbiano.
Poco prima del paese il parroco ci fermò: “In paese non c’è più posto per nessuno – disse – dovete tornare indietro.” Con la forza della disperazione, guardando i cinque ragazzi che avevo con me, risposi: “No, passeremo la notte in chiesa.”
Così si riprese il cammino e s’entrò in paese.
Ritornò il parroco, questa volta con parole consolanti: “Ho interpellato i parrocchiani e sono d’accordo di farvi alloggiare nella chiesetta alle porte del paese.” Ci accompagnò e noi contenti come pasque scaricammo dal carro quello che ci serviva e si prese possesso della chiesetta.
Un grosso pensiero era accudire le bestie; la capretta però ci forniva il latte ogni mattina.
Il fronte si avvicinava e un giorno si videro grossi carri armati tedeschi che salivano su per quella stradina di Libbiano. Allora il parroco, il dott. Casini e il Conte, non ricordo come si chiamava, ci dissero che non era prudente restare in quella chiesetta fuori dal paese e ci dettero rifugio in una stanza nel palazzo del Conte.
Quella notte si dormi per terra, ma noi grandi non chiudemmo occhio. Ogni tanto il Conte, che dalla torretta del suo palazzo vedeva il movimento dei tedeschi che sí ritiravano e degli americani che avanzavano, veniva a informare mio marito della situazione. Sembrava che la notte non finisse mai.
Finalmente col sole arrivarono gli americani e fu una festa da non crederci.
Quando si rietrò a Cecina, trovammo la nostra casa distrutta dai bombardamenti e si fu ospitati con altre famiglie in una casa di fortuna.
di Vilma Sforzi Pierucci