Un viaggio lungo cento anni

Un viaggio è come un cerchio: si completa quando l’arrivo corrisponde alla partenza. Il punto d’arrivo, nel nostro caso, è un matrimonio: quello fra Sara Cornaglia e Giovanni Fedeli, figlio di Stefano e nipote di Vasco.

Il matrimonio (la chiusura del cerchio) è stato celebrato a Libbiano il 20 luglio 2013, alle ore 17… ma quando iniziò? Ce lo racconta il papà di Sara, con molta esattezza e preziosi riferimenti.

Un viaggio lungo cento anni: Merope del Tiorba
Un viaggio lungo cento anni: Merope del Tiorba in Gobbini
MEROPE DEL TIORBA

Per capire cosa accadde, devo iniziare da Merope del Tiorba in Gobbini, madre del futuro Parroco di Libbiano Don Giuseppe.

Merope nasce a Grosseto poco dopo il 1835, anno di nascita a Firenze di Ferdinando IV, figlio di Leopoldo II Granduca di Toscana, regnante. Il Regno d’Italia non esiste ancora.

La tiorba è uno strumento musicale, una specie di grande liuto basso che può arrivare a montare sino a 12 paia di corde e dà il ritmo alla danza. Il cognome di Merope non è frequente; ciò fa pensare che discenda da suonatori dello strumento.

Merope sposa il senese Filippo Gobbini intorno al 1861. Ha da lui quattro figli: Antonio (1862), Angelica (1864), Giuseppe (1866) e Carlo (1868).

Filippo svolge le mansioni di fattore della tenuta di Anqua a 8,6 Km da Radicondoli, comune che confina con quello di Pomarance; fa anche il portalettere pedonale tra Anqua e Radicondoli, che allora contava circa 1840 residenti.

La famiglia Gobbini vive al Serraglio, un podere oggi restaurato come agriturismo.

il serraglio dove abitava la famiglia Gobbini ad Anqua
Un viaggio lungo cento anni: il serraglio dove abitava la famiglia Gobbini ad Anqua

Accade che Merope del Tiorba assista per una lunga malattia una nobildonna di Radicondoli della famiglia Pannocchieschi d’Elci che risiedeva nella Villa Pannocchieschi ad Anqua. Dalla nobildonna riceve in regalo un gioiello: quel pendente passerà a sua figlia Angelica, poi arriverà in Sardegna per la nipote Lina e da lei Franca seconda delle sue tre figlie. Di questo gioiello il marito di Franca e nonno di Sara, Gino, fa eseguire una copia per Benedetta. Quella copia del gioiello di Merope è oggi al collo di Sara per il suo matrimonio a Libbiano a segnare il ritorno del lunghissimo viaggio.

Per la frazione di Anqua, il postino nel 1890 era Filippo Gobbini, che deve essere morto poco dopo perché si è trovato questo documento del 13 luglio 1892, scritto da suo figlio Carlo, padre di Cirillo e nonno dell’attuale Carlo, ultimo dei Gobbini, presente a questo matrimonio. Uno scritto di suo nonno è testimonianza viva delle condizioni in cui operavano, per un misero salario, tanti portalettere dell’epoca:

“All’Ill.mo sig. Sindaco e Componenti il Consiglio Comunale di Radicondoli.

Carlo Gobbini del fu Filippo, pedone postale da Radicondoli ad Anqua e viceversa, essendo stato costretto a guadare il Fiume Cecina in tempo di piena dal giorno primo Gennaio 1891 a tutto il 12 corrente, servendosi di un carro condotto da buoi per dieci volte, e per cui a £ 2,00 per volta ha speso la somma di £ 20, mentre fa istanza alle SS. LL. Ill.me perché vogliano ordinare il rimborso a di lui favore della somma spesa, domanda altresì che vogliano provvedere per il tempo avvenire o con lo stabilire a tal uopo un compenso annuo a favore del postulante, o a provvedere al guado del detto fiume in tempo di piena per mezzo di speciali incaricati facendogliene conoscere i nomi onde possa rivolgersi ad essi in tempo di bisogno. A prova del suo asserto per ciò che si riferisce al chiesto rimborso, unisce un certificato firmato dai Sigg. dott. Francesco Lolini Medico-Chirurgo Condotto e Sollazzi Luigi Consigliere di questo Comune. Anqua, 13 Luglio 1892″

È allegato il certificato:

“I sottoscritti residenti ad Anqua fanno fede presso la S.V. come Carlo Gobbini, Collettore e incaricato del servizio di pedone postale da Anqua a Radicondoli, per il disimpegno del suo ufficio e per il transito del fiume Cecina in tempo di piena ossia quando ne era impedito il guado con mezzi ordinari, ha avuto bisogno per N° 10 giorni fino ad oggi di ricorrere all’aiuto fattogli da carro a buoi spendendo a tale scopo Lire Venti. Tanto confermano per la verità. Anqua, 12 Luglio 1892”

Non sappiamo fino a quando Carlo Gobbini rimase in servizio, ma sappiamo che nel 1911, la collettoria fu elevata a ricevitoria di 3a classe, il titolare era Tommaso Salvi che fu dimesso nel 1939, all’età di 74 anni, per inabilità fisica. Probabile dunque che la famiglia Gobbini se ne andò da Anqua nel 1910 o poco prima.

Per il figlio Giuseppe, Filippo e Merope scelsero il seminario. Fu sacerdote dopo aver studiato a Volterra a fu nominato Parroco di Libbiano nel 1895.

Sua sorella Angelica si sposò con Giovanni Colivicchi di Volterra nel 1888 ed ebbe tre figli: Filippo nel 1989, Lina nel 1891 (bisnonna di Sara) e Antonio nel 1894.

Carlo ebbe come unico figlio Cirillo a Siena nel 1913.

un viaggio lungo cento anni: don giuseppe gobbini
Un viaggio lungo cento anni: don Giuseppe Gobbini, parroco di Libbiano
I DOCUMENTI

I documenti trovati da Don Tommi dimostrano quanto segue: Don Giuseppe Gobbini di Filippo, nato ad Anqua il 14.1.1866 ordinato Sacerdote il 22.12.1888. Ha avuto come primo incarico Montalcinello e poi anche la reggenza di Castelletto.

Con Bolla Pontificia del 10.5.1895 viene nominato parroco di Libbiano di Pomarance, un borgo ai piedi del castello che appartenne ai possedimenti dell’Abbazia di Monteverdi, prima dell’anno 1000. Della rocca restano i ruderi, con una torre angolare e resti di una chiesetta castellana, sostituita con una più grande, dedicata ai Santi Simone e Giuda, iniziata nel XIII secolo e portata a termine a metà del XIV.

Con la rovina di San Giovanni Battista, a metà del XV secolo, assunse il titolo di pieve ed ebbe il suo fonte battesimale. Libbiano seguì le sorti delle terre volterrane, passando per le mani di diversi signorotti locali, legati di volta in volta al Comune o al Vescovo di Volterra, per passare poi alla dominazione fiorentina. A Libbiano si trova un palazzo della famiglia Cavalcanti, con la facciata decorata da fregi in terracotta.

Nel 1899 Don Gobbini organizza le cresime a Libbiano e fa venir sino al borgo il Vescovo di Volterra, Giuseppe Gelli. A dorso di cavallo o di mulo, l’Eccellenza Reverendissima smonta accolto dagli onori del caso e trova davanti a sé molti giovinetti tra i quali Filippo e mia nonna Lina Colivicchi di soli otto anni. Era arrivata a Libbiano stando scomodamente rannicchiata nella cesta in groppa all’asino, con suo fratello Filippo nella cesta dall’altro lato: sei interminabili ore di salita che ricordava con nessuna nostalgia.

I quaderni custoditi nella sacrestia di Libbiano rivelano che Lina ebbe come madrina sua nonna Merope mentre Filippo ebbe come padrino lo stesso Don Giuseppe che chiamava “zi’ prete”. Quando Stefano Fedeli mi mostrò quel quaderno, capii che “il caso” ci aveva riportato nel paesino raccontato nei ricordi d’infanzia di mia nonna, avvolto nel mistero e in cui nessuno dei discendenti sardi ha mai messo piede sino ad oggi.

Dal 1907 al 1908 ha lo zio prete Don Gobbini ha anche la cura di Micciano. Muore il 6 marzo del 1924 all’età di 58 anni. L’ultimo atto parrocchiale firmato da lui è del 1923. Non sappiamo se Don Giuseppe sia stato sepolto a Libbiano, dove si diceva che avesse chiesto di farsi seppellire nel vialetto in mezzo al cimitero, così i paesani sarebbero stati costretti a ricordarlo passandoci sopra.

Non abbiamo trovato una lapide sua né della madre Merope, se davvero visse con lui in canonica nell’ultimo periodo.

Più certa la storia di Don Giuseppe cacciatore che, finita la prima messa al mattino, prendeva la doppietta già carica alla porta della chiesa e smessi i paramenti sacri andava a caccia per i boschi attorno a Libbiano per rientrare col vespro.

I suoi predecessori dal 1840

Don Gabriello Sarperi dal 1840 alla morte nel 1868 (è quello che ha costruito la chiesa nuova in paese e ampliato la chiesina iniziando la festa della Madonna della Neve);
Don Pietro Sarperi dal 1868 alla morte nel 1877;
Don Attilio Mori dal 1877 alla morte nel 1894;
Don Valentino Mazzuoli dal 1894 al 1895

I suoi successori

Don Francesco Scatigna dal 1925 al 1934;
Don Niccolo’ Ceccanti dal 1934 al 1974.
Di Don Gobbini, Don Tommi Fedeli trova perfino il biglietto da visita.

Stemma in terracotta sul palazzo dei Cavalcanti a Libbiano
Stemma in terracotta sul palazzo dei Cavalcanti a Libbiano
UN VIAGGIO LUNGO CENT’ANNI

Inizia quando Giovanni Colivicchi e Angelica Gobbini partono coi tre figli da Saline di Volterra per Cagliari. Lui è dirigente tecnico e forse accetta e perfino richiede il trasferimento per un avanzamento in carriera, ma soprattutto per vivere in una città sede universitaria perché desidera che i due maschi della famiglia arrivino alla laurea. Non ci riuscirà nessuno dei due: Filippo muore come tenente a Caporetto nella guerra del 1915/18 e Antonio riporterà a casa la pelle per miracolo, ma non avrà nessuna voglia di studiare.

Lina aveva preso il diploma di maestra elementare ed era stata nominata a Saline per l’anno scolastico 1912/13. La data di partenza da Saline è quella dell’estate del 1913, dal momento che nell’ottobre del 1913 Lina è nominata Maestra elementare in provincia di Cagliari a Siliqua. Lina ricordava che s’imbarcarono sul cosiddetto “Vapore del Sale” a Livorno. Era forse il 20 luglio del 1913, giusto cent’anni fa?

I cinque della famiglia Colivicchi riempiono un grande armadio coi loro corredi. Quell’armadio è ancora oggi custodito da Francesca Maxia, nipote di Lina, in quella che fu la sua casa al mare al Poetto di Cagliari. Attaccata sul pannello posteriore dell’armadio un’etichetta autografa “Giovanni Colivicchi” col relativo indirizzo. I documenti di questo viaggio non sono stati ancora trovati, ma è possibile che i nuovi proprietari dell’azienda Saline di Volterra possano permettere una ricerca.

I parenti senesi che videro partire la famiglia Colivicchi per l’isola sul Vapore del Sale, li piansero quasi come morti, pensando che forse non li avrebbero più rivisti. Invece Don Giuseppe andò a trovare sua sorella Angelica in Sardegna in occasione del matrimonio di Lina con Francesco Ferraris, col quale ebbe tre figlie, una delle quali è la nonna Franca di Sara.

Angelica tornò anche lei in Toscana, perché esiste una testimonianza di Carlo Gobbini, nipote del Carlo pedone postale di Anqua, che ricorda da bambino un pranzo a Poggibonsi all’aperto con la prozia Angelica.

Un viaggio lungo cent’anni passato per quattro generazioni, per tornare poi tutti a Libbiano di Pomarance, tra Saline di Volterra e Radicondoli, in mezzo ai boschi che Don Giuseppe amava moltissimo e conosceva come le sue tasche, proprio come oggi nonno Vasco Fedeli, che spara ancora ai cinghiali.

 Paolo Cornaglia Ferraris

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