La Pasqua a Libbiano

Come non ricordare tutte quelle Pasque trascorse a Libbiano? Provo a raccontarvele.

I PREPARATIVI DELLA PASQUA A LIBBIANO

Nei giorni della Settimana Santa tutta la vita della piccola comunità gravava intorno alla Chiesa, dove erano celebrati una serie di riti, molti dei quali da tempo ormai in disuso.

Seguivo come un ombra mia sorella Graziella, di sette anni più grande di me, che con gli altri ragazzi del paese davano anche una mano quando serviva. In quei giorni i ragazzi stavano in pratica tutto il giorno intorno a Don Ceccanti.

Ricordo che veniva allestito quello che erroneamente era chiamato Sepolcro e che altro non era (e tutt’ora è) che l’altare dove vengono conservate le particole consacrate durante la Messa del Giovedi Santo. Quest’altare era allestito con profusione di piante e fiori di ogni genere e colori. A quel tempo i fiori non si compravano ma erano dati dalle donne del paese. Quando la Pasqua era “bassa”, veniva presto e le piante non erano ancora fiorite. Allora si abbellita l’altare con rami su cui si attaccavano fiori di carta colorata sotto l’attenta direzione della Noemi, sorella di Don Niccolò Ceccanti.

Un’altra cosa che facevano le donne del paese, per sopperire alla mancanza di fiori, erano le cosiddette “vecce”: vasi in cui erano stati fatti germogliare semi di grano, tenuti chiusi e al buio tutto l’inverno per cui in mancanza di luce le piante crescevano senza colore, in pratica bianche; da questo deriva il detto “sei bianco come una veccia“! Messe tutte insieme però facevano un bell’effetto decorativo.

Nei preparativi della Pasqua a Libbiano, i ragazzi avevano il loro ruolo importante nel periodo antecedente alla festività: come molti sanno, nei tre giorni che precedono la Domenica di Resurrezione, le campane tacciono in attesa della Domenica.  Il ruolo di campana era affidato ai ragazzi del paese che Don Ceccanti armava di un attrezzo chiamato “regolo” e li faceva girare per le strade suonando quest’attrezzo che aveva un suono particolare, come di una “raganella”, e urlavano a voce piena “Entra la funzione!” oppure “Suona il primo doppio!”

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La Madonna Addolorata
I GIORNI FINO ALLA DOMENICA DI RESURREZIONE

La Processione del Venerdì Santo era in assoluto il momento più solenne; le piccole strade del paese erano illuminate a giorno da grandi falò fatti con pine secche e dalle candele accese sui davanzali delle finestre per salutare il passaggio delle statue di Cristo Morto e della Madonna Addolorata. Avevo una paura folle di quella figura distesa mezza nuda e sanguinante per cui non volevo assolutamente uscire di casa; mia mamma Marina era costretta a rimanere in casa con me e a veder passare la Processione sfilare Sottollorti, sotto il finestrino che si era sulla parete esterna del focarile

Durante la Festa del 5 agosto del 2019, in occasione della Festa della Madonna della Neve, mi sono ritrovata nel coro della chiesa di Libbiano a cantare con la Corale di cui faccio parte; con mia grande sorpresa, sotto le panche del coro, ho trovato sdraiate quelle due statue di gesso che sfilavano per le vie di Libbiano e che mi mettevano tanta paura.Ho visto il Cristo Morto lì davanti a me, un po’ scrostato e pieno di polvere: mi sono commossa e ho accarezzato quella statua con tanta tenerezza ricordando le mie paure di bambina.

I riti del Venerdì Santo non si limitavano alla Processione del Cristo Morto, ma iniziavano la mattina presto, quando era ancora buio e in questo mi viene in aiuto mia sorella Iria che si ricorda benissimo, io ero troppo piccola perché partecipassi a questi riti.

A quell’ora veniva fatta l’adorazione della Croce camminando con le ginocchia per tutta la lunghezza della Chiesa fino ad arrivare al Crocifisso; mi racconta Iria che ogni sera venivano cantate le “Lamentazioni di Geremia” e ogni uomo aveva la propria parte da cantare; figuratevi che mia sorella si ricorda ancora un pezzetto della parte del mio babbo e me lo ha cantato!

Le campane venissero “sciolte”, questo era il termine che si usava, a mezzogiorno del Sabato Santo e che anche la celebrazione della Pasqua si facesse molto prima della notte, addirittura di giorno.

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Gesù Morto - La Pasqua a Libbiano

Torno ai miei ricordi: la chiesa in quei giorni diventava la nostra casa; ho il ricordo di una cosa che mi faceva un po’ paura: (sì, non ero proprio una bambina coraggiosa!) per ricordare la flagellazione di Cristo, si picchiava sulle panche della chiesa. Don Ceccanti dava il via e la gente lo imitava. Naturalmente quelli che si divertivano di più erano senz’altro i ragazzi che non si facevano certo pregare ed esageravano un po’ con i colpi e veniva fuori un rumore pazzesco o almeno a me allora sembrava tale.

Naturalmente erano dei riti particolari di cui oggi non troviamo più traccia, ma devo dire che l’atmosfera era particolare, vivevamo veramente la Pasqua del Signore: non c’era posto per altre cose.

La mattina di Pasqua c’era la Messa solenne e tutti, col vestito più bello, andavamo in chiesa portando le uova sode nei tovaglioli bianchi pronte, per essere benedette, uova che poi venivano mangiate a pranzo: uno spicchio a testa insieme al brodo di pollo che non mancava mai sulla tavola di Pasqua!!!

Dopo la Pasqua, non ricordo precisamente quando, forse la domenica in Albis, arrivava la domenica delle merende e, tempo permettendo, quasi tutti i libbianesi s’incamminavano verso la campagna sottostante il paese e si fermavamo in un bel prato a mangiare quel che rimaneva dei dolci pasquali.

Che bella atmosfera, quante violette e primule crescevano intorno a noi!

Erano tempi belli e spensierati che mi porto dentro e che mi fanno amare in modo particolare quel primo periodo della mia vita.

di Vanna Berni

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