Come premessa facciamo riferimento all’articolo “Ma come! Parliamo ancora di questo?!” che potete leggere su questo blog.
Le condizioni precarie di vita spinsero, nel periodo che va da metà degli anni ’30 fino all’immediato dopoguerra, le ragazze libbianesi a cercare lavoro come balie asciutte o come governanti presso le famiglie nobili o abbienti livornesi.
Fra queste famiglie notevoli possiamo ricordare gli Orlando, fondatori dell’omonimo grande cantiere navale livornese e della Società Metallurgica Italiana (SMI), che provenivano da una famiglia di antica nobiltà siciliana. Fra gli altri, Rosolino Orlando (due volte sindaco di Livorno) fu nominato conte nel 1909 oltre che insignito di varie onorificenze.
“La Guida del forestiere per la città e contorni” pubblicata nel 1846 afferma che all’epoca erano circa 150 le famiglie nobili livornesi, diverse delle quali di origine straniera: si ricordano i conti De Larderel, i conti Rodocanacchi, i conti De Chayes, i duchi di Sant’Elisabetta e i marchesi Malenchini e i Visconti di Vimodrone. Numerosi esponenti della nobiltà livornese sono inoltre minuziosamente elencati nelle cronache di fine Ottocento e dei primi del Novecento soprattutto in occasione d’eventi mondani, di fastosi matrimoni come quello della contessina Frida Orlando Rocco di Torre Padula o del varo di qualche importante nave nel Cantiere Orlando (come l’incrociatore corazzato Averoff varato per la marina militare ellenica). A queste si aggiungono altre famiglie ebree come gli Abeniacar, Bedarida, Belforte, Campos, Cardoso, Coen, Disegni, Nunes…
Le persecuzioni operate dal regime fascista non risparmiarono la popolazione ebraica livornese che dovette pagare prezzi durissimi in termini di vite umane e di sofferenze subite. Furono oltre un centinaio i livornesi ebrei deportati, consegnati ai nazisti da fascisti italiani su delazione o sulla base delle liste stilate dalla Questura: ne tornarono ben pochi. I bombardamenti cui Livorno fu sottoposta durante la Seconda Guerra Mondiale, provocarono anche la distruzione della sinagoga storica e di gran parte dei suoi preziosi arredi. Le forme della nuova sinagoga sono ispirate alla tenda del deserto in ricordo dell’esodo; al suo interno l’edificio contiene un’arca lignea barocca proveniente da Pesaro e due antichi parati. I cimeli che si salvarono dalla distruzione durante la seconda guerra mondiale sono custoditi presso il museo .
Nell’immediato dopoguerra, la comunità ebraica di Livorno fu guidata dal rabbino Alfredo Sabato Toaff e da un consiglio di amministrazione guidato da Renzo Cabib. La comunità ebraica livornese dette all’Italia il nuovo rabbino capo, Elio Toaff, nato proprio a Livorno e che in tale città aveva compiuto gli studi rabbinici.
Questi pressupposti possono spiegare come mai le ragazze libbianesi si spostarono, fin da fanciulle, nella città di Livorno piuttosto che a Pisa.
Non saprei dire chi furono le prime libbianesi a trovare lavoro in questa città, ma sicuramente si comportarono in modo esemplare sia come educazione che come volontà nell’affrontare gli impegni di loro competenza. Furono come ciliegie: una tira l’altra e il passa parola fece si che fossero in molte a trovare lavoro in questa città.
Queste ragazze venivano da una vita grama, da qualche rimboschimento e trovare lavoro a Livorno dava loro maggior decoro sia per la persona che per il modo di vestire e i loro risparmi aiutavano non poco le famiglie libbianesi ad affrontare le ristrettezze.
Sono esperienze che si racchiudono in un periodo di una quindicina d’anni ma che le ragazze libbianesi non si sono fatte sfuggire.
Capite perché parliamo spesso della forte volontà che ha sempre animato i libbianesi?
Paolo Bartalesi