Vittorio Sereni (Luino 1913- Milano 1983)
Quando scoppia la seconda guerra mondiale Sereni insegna italiano e latino in un liceo di Modena. Viene richiamato alle armi con il grado di ufficiale di fanteria e nel 1941 è assegnato ad un reparto destinato all’Africa. Parte nel 1943, ma non arriverà mai a destinazione perché è fatto prigioniero a Paceco, vicino Trapani e trascorre due anni di prigionia in Algeria e Marocco francese. Riesce a tornare in Italia il 28 luglio del 1945.
Prima di partire per la guerra, dedica molte poesie a Milano, la città dei suoi anni universitari, dove entra in contatto con diversi poeti come Alfonso Gatto, Salvatore Quasimodo, Carlo Betocchi. La città dai mille volti dove qualche sogno si avvera, ma in cambio bisogna lasciarci il cuore.
A Milano, in febbraio
di Vittorio Sereni
Questa è la prima redazione della poesia, il primo abbozzo, che Sereni scrive a mano su un quaderno grigio. Successivamente è stata rimaneggiata e asciugata, ma nella prima stesura mantiene alto il livello di inquietudine e incertezza.
Lui stesso ne parla: “Sembrava tutto finito, perché i tedeschi erano sulla Manica; ci aspettavamo da un momento all’altro che sbarcassero in Inghilterra e il reparto al quale io appartenevo dal Piemonte era stato fatto ritornare in Lombardia su una tradotta militare. Il treno passava nei pressi di Milano senza fermarsi, durante l’oscuramento…
La città è come morta e i versi esprimono un addio a tutta una fase dell’esistenza, perché siamo in guerra, avviati chissà dove.”
Già prima di partire, lui sembra sapere cosa lo aspetta, prende coscienza di una esistenza strozzata anzi tempo. Forse perché i primi occhi a catturare la vita sono quelli dei poeti.
(Prima edizione: Vittorio Sereni, da Diario d’Algeria, Vallecchi, Firenze 1947. Seconda edizione: Mondadori, Milano 1965.)
Simona Cerri Spinelli