Thomas Sterns Eliot (Saint Louis 1888/ Londra 1965). Nobel per la Letteratura 1948.
Per Ezra Pound, il miglior fabbro.
La sepoltura dei morti:
Aprile è il più crudele di tutti i mesi. Genera
lillà dalla terra morta, mescola
memorie e desiderio, desta
radici sopite con pioggia di primavera.
L’inverno ci tenne al caldo, coprendo
la terra di neve immemore, nutrendo
una piccola vita con tuberi secchi.
L’estate ci ha sorpresi sullo Starnbergersee
con uno scroscio di pioggia;
noi ci fermammo sotto il colonnato
e procedemmo in pieno sole, nell’Hofgarten
e bevemmo caffè, e parlammo per un’ora.
Bin gar keine Russin, samm’ aus Litauen echt deutsch.
E quando eravamo bambini
e stavamo dall’arciduca, mio cugino
lui mi condusse in slitta e presi uno spavento, Maria
mi diceva, tienti forte, Maria.
E ci lanciammo giù. Sulle montagne
là ci si sente liberi.
Leggo quasi tutta la notte
e d’inverno me ne vado nel Sud.
[…]
Questi sono i primi versi de La Terra Desolata, che racchiudono il motivo del mio amore a prima vista per il Signor Eliot. Voci diverse che parlano lingue diverse, un’abilità narrativa potentissima, in un libro formato da sezioni che non possono legarsi tra loro, ma rimangono a galleggiare nella memoria. Il poemetto è diviso in cinque movimenti, tanto da poterlo paragonare a una sinfonia, o un quartetto per archi. Si apre con l’inizio della primavera, ma per Eliot, con una tipica ironia modernista, “aprile è il mese più crudele”: davanti al rifiorire della natura, l’uomo moderno, vuoto e senza scopo, sente in modo ancor più doloroso la propria sterilità interiore.
Eliot lo compose tra il dicembre del 1921 e il gennaio del 1922 a Losanna, mentre era a curarsi in una clinica mentale per un esaurimento nervoso. L’amico Ezra Pound (l’Editore) corresse il manoscritto e ne tagliò molte parti, basti pensare che in origine l’opera era lunga il doppio. Per questo Eliot decise di inserire una dedica nel 1923, come ringraziamento, prendendo in prestito i versi di Dante (Purgatorio XXVI, 117):
“O frate” disse “questi ch’io ti cerno
col dito,” e additò uno spirito innanzi,
“fu miglior fabbro del parlar materno”
(dove Virgilio si riferisce al poeta trovatore Arnaut Daniel)
La Terra Desolata, The Waste Land, è un titolo preso in prestito dall’antropologa Jessie Weston, autrice di From ritual to romance, opera a cui Eliot deve molto, in cui si analizza il vasto materiale su miti e leggende di età medioevale, in particolare sul Sacro Graal. Nell’immaginario medioevale, la ricerca del Graal è la ricerca della verità da parte dell’uomo. I cavalieri avrebbero dovuto raggiungere la Cappella Pericolosa e lì rispondere esattamente alle domande concernenti la coppa e la lancia con cui era stato trafitto il fianco di Cristo. Uno dei cavalieri fu mandato dal Re Pescatore, l’impotente governante di un paese che era diventato sterile esso stesso. Tema, questo, ripreso molte volte nella letteratura, da Sofocle a Thomas Malory fino ad arrivare al Parsifal di Wagner.
L’influsso di Eliot su poeti e critici americani fu talmente grande da esercitare per vari decenni una specie di dittatura. Gradualmente, a partire dal 1950, crebbero i mormorii di protesta trasformandosi in aperta ribellione. Il nostro Poeta, stimato ma ormai accademico, fu costretto ancora da vivo in un capitolo della storia della letteratura: gli si rimproverarono l’asciuttezza, la troppa accuratezza e l’uso di maschere e di monologhi. “Eliot è come un coltello, solo che non ci si può tagliare niente”, disse una volta uno studente americano.
Tutti i grandi poeti, dopo un periodo di riconoscimento, finiscono sull’altra sponda del fiume dell’oblio. Per gli scolaretti, Wordsworth, Coleridge, Shelley, Eliot stanno sullo stesso ripiano della libreria e tutto quello che sanno è che scrissero libri molto tempo fa.
Thomas Sterns Eliot, The vaste land (La terra desolata), 1921
Simona Cerri Spinelli