La vera storia di Libbiano

La storia di Libbiano è tratta dalla pubblicazione ITINERARI, edita nel 1999 dal Comune di Pomarance e curata principalmente da Jader Spinelli. Le ricerche furono fatte da Sara Costagli e Tommi Fedeli (libbianesi DOC).
Riportiamo il testo integrale che insieme alla storia fa alcune precisazioni sull’ambiente dei territori libbianesi.

Sara Costagli – Tommi Fedeli

ITINERARI IN VAL DI CECINA: LIBBIANO
Cenni storici del suo territorio

“La Comunità di Pomarance”
Associazione Turistica “Pro Pomarance”
Comune di Pomarance 1999

Progetto e impostazione grafica: Jader Spinelli
Collaboratori: Mario Moretti, Giorgio Fanfani
Traduzione: Rudolf Allenbach
Fotografie: Silvano Donati

Si ringrazia la prof.ssa Nara Pistolesi per la collaborazione

Patrocinio e contributo: Comune di Pomarance, Comunità Montana Alta Val di Cecina, Consorzio Turistico Volterra – Val di Cecina – Valdera, Ente Fondazione Cassa di Risparmio di Firenze

PREFAZIONE

Dopo la guida di San Dalmazio del 1997, la direzione de “La Comunità di Pomarance” e l’Associazione Turistica “Pro Pomarance” danno alle stampe una nuova pubblicazione nel quadro della valorizzazione turistica della Val di Cecina.

Ci siamo occupati di un altro piccolo centro, da far scoprire ai turisti, italiani e stranieri, grazie, soprattutto, alla collaborazione di due giovani: Tommi Fedeli e Sara Costagli, legati al borgo di Libbiano da un profondo affetto.

(omissis)

La guida storica è inserita come la precedente nella Collana “ITINERARI IN VAL DI CECINA” alla quale hanno contribuito l’Amministrazione Comunale di Pomarance e operatori turistici, sempre più consapevoli del nostro impegno di volontariato per far conoscere ed apprezzare le risorse paesaggistiche, naturalistiche e storiche della zona.

(omissis)

Il Presidente Mario Moretti
Il Direttore de “La Comunità di Pomarance” Jader Spinelli

INTRODUZIONE

Libbiano è una frazione del Comune di Pomarance. Il paese è situato nella parte sud della provincia di Pisa, abitato oggi da poco più di 60 abitanti. Dominato dai resti dell’antico castello, la sua altitudine è intorno a 480 metri s.l.m.. Vi si può arrivare attraverso una strada comunale a 500 m. da Pomarance sulla statale 439 in direzione Saline di Volterra. Situato al centro della Toscana, Libbiano dista circa 100 km. da Firenze, 90 km. da Pisa, 75 km. da Siena, 35 km. da Volterra e 60 km. dal mare.

LA STORIA DI LIBBIANO

Libbiano, tenuto con molto riguardo e buon gusto, si presenta in una disposizione assai caratteristica e graziosa, dominato dai resti dell’antico castello dove ancora rimangono i ruderi di una torre a pianta quadrata e dell’antica chiesa plebana.

Il nome “Libbiano” deriva dal nome di un legionario romano, al quale, secondo una legge emanata da Giulio Cesare nel 59 a.C., fu assegnato come ricompensa del lungo servizio militare un vasto appezzamento di terreno fra i torrenti Trossa e l’Adio. Questo soldato si chiamava Livio, perciò il terreno lui assegnato fu chiamato “fondo di Livio” (in latino fundus livianus, in volgare Libbiano).

Da quell’epoca il paese segue la sorte dell’Impero Romano che, decadendo, è soggetto alle invasioni delle popolazioni barbariche.

Prima dell’anno mille i monaci dell’ Abbazia di S. Pietro al Palazzuolo presso Monteverdi hanno giurisdizione sul castello di Libbiano. Questo dominio viene riconosciuto dall’imperatore Enrico II di Sassonia e nel 1014 viene riconfermato. Nel 1176 lo riconosce anche papa Alessandro III che ne parla chiaramente in un suo documento intitolato “Castrum de Libiano cum ecclesiis et curte” (il castello di Libbiano con le chiese e la “corte”). Nel 1180 l’imperatore Arrigo VI concede al vescovo di Volterra Ildebrando Pannocchieschi diversi terreni e anche un castello di Libbiano (di castelli allora ve ne erano tre e non si capisce di quale si tratti).

Il 27 agosto 1208 Ranieri, l’abate di S. Pietro al Palazzuolo di Monteverdi, cede la giurisdizione sul castello di Libbiano a Lionardo di Gullo e a Sighiero di Guzzolino, consoli di Volterra.

Nel 1226 Ugolino Visconti, podestà di Volterra, in accordo col vescovo Pagano Pannocchieschi, nomina il Rettore di Libbiano. Il I settembre 1249 Palmieri, Sindaco di Libbiano, promette, per sé e per il popolo, obbedienza al Podestà e al Consiglio di Volterra, salvo però il rispetto e la soggezione all’imperatore Federico II. Il 28 aprile 1257 Milite Bernardino Castiglione detto “Tone” e Barone Gerardo della famiglia Cavalcanti firmano un contratto nel castello di Libbiano e vendono al Comune di Volterra un quarto del castello, borgo e i poderi di Bruciano (presso Sasso Pisano) per lire 500 di moneta pisana.

Nell’anno 1277 un fiorentino che dimora in Libbiano fonda uno “spedale” per i malati e i poveri e lo mette sotto la protezione dei santi Simone e Giuda. Il13 gennaio 1283 gli abitanti di Libbiano prestano giuramento di fedeltà e di obbedienza al Comune di Volterra impegnandosi a non dare asilo ai nemici di quella città. Lo stesso giuramento viene ripetuto nel 1293. Nel 1288 il comune di Libbiano era tassato per lire 7300.

Dopo il 1300 i Cavalcanti insieme ai Belforti occupano di prepotenza il Castello; anche Roveta e Monterufoli cadono sotto la loro Signoria. I volterrani intervengono con le armi, scacciano i Cavalcanti e abbattono la rocca. Durante la guerra tra Firenze e Lucca, nel 1431, viene distrutto lo “spedale” di Libbiano che nel 1395 pagava di tassa lire 2 annue. Lo “spedale” era stato dotato da Corrado di Sinibaldo fiorentino, che aveva lasciato per testamento una casa da adibire a “spedale e ospizio ai poveri di Cristo che in essa vogliono abitare”.

Nel 1311 lo spedalingo Michele di Batino di Pomarance e sua moglie Benincasa di Ugulino di Caselle vendono a Bonafidanza Belforti i beni e i diritti dell’ospedale nel castello di Libbiano, perché “detto castello è stato distrutto e incendiato già da venti anni e nessuno più vi abita”. Il rettore Simone di Ventura detto il Valligiano affitta i beni dello spedale per 10 fiorini annui. Lo spedale fu poi distrutto, come abbiamo detto, durante la guerra tra fiorentini e lucchesi “da soldati e non se ne trova ne abitazione ne casa alcuna perché fu raso e gettato in terra”.

Durante la guerra per le “Allumiere” del Sasso tra Firenze e Volterra, nel 1472 Libbiano cade sotto la giurisdizione di Pomarance. A metà del 1400 a Libbiano si trovano ancora i Cavalcanti; una di loro, Alessandra, fugge di nascosto e si reca a Volterra dove si fa monaca di clausura, sebbene i genitori fossero contrari. Con il 1 aprile 1779 il comune di Libbiano, precedentemente passato sotto Firenze, perde la sua autonomia e viene a far parte della nuova Comunità di Pomarance.

LE CHIESE DI LIBBIANO

L’esistenza di alcune chiese in Libbiano viene ricordata prima dell’anno 1000. Infatti il 23 giugno del 971 Pietro, il vescovo di Volterra “padrone di una metà del castello, case e chiese di Libbiano”, scambia con un tale Guinicio di Camarino il terreno detto “Tucennano” col poggio chiamato “Colle delizia” (il terreno detto volgarmente “Tigugnano” scendeva verso la Trossa, nel 1400 vi si ricavava zolfo, allume e vetriolo ed era di proprietà della Chiesa dei SS. Simone e Giuda). Nel 994 Guido di Terzo, padrone dell’altra metà del castello, vendette la sua proprietà per 200 soldi al genero Adelmo, marito di sua figlia Rollinda. Verso la metà del 1200 gli abitanti di Libbiano pagavano alla chiesa “le decime e le primizie” e il loro Comune provvedeva a mantenere la chiesa. Un certo Tancredi di Bonaccorso e sua moglie Ermellina al posto delle decime cedettero al prete Arrigo una “proda” di terra che conteneva “un olivazzero” nel piano di “Libbianello alla pietraia”. Nel secolo XIII si cominciò la costruzione della chiesa posta in Castello; esiste ancora la memoria scritta in latino posta ora sulla facciata di una casa che tradotta in italiano suona così: “Ubertino di Como mi fece; Celle di Jacopo, Chele di Riccomanno, Manuello, Tancredi e Martino operai di questa chiesa, 13 dicembre 1287”. Il 2 dicembre 1325 la chiesa non era ancora terminata e il Vescovo Rainuccio Allegretti alla presenza del Sarcenni ordinò al Vicario e ai Consiglieri del Comune di fare 1’ammattonato prima della Quaresima e l’ala mancante della crociera prima di Tutti i Santi. Nel 1330 mancava ancora il campanile, però vi erano già due campane, una dedicata al SS. Salvatore e l’altra alla Madonna.

Nel 1421 il prete Manno dichiara che “il popolo insieme ai nobili (Cavalcanti) sceglie il pievano e il Vescovo lo conferma”. Nel 1463 in chiesa si trova la “pila per il Battesimo” e nel 1477 il pievano fra Paolo (agostiniano) dice al Vescovo che si battezza anche a Libbiano perché la pieve di Micciano è stata rovinata dalle guerre, si scusa che manchi ancora il campanile sebbene la “Compagnia lo abbia ordinato da tempo perché i muratori e i manovali perdono tempo”. La Compagnia, antichissima, aveva una sua cappella unita alla chiesa parrocchiale ed era dedicata alla Madonna.

Nel 1400 furono parroci di Libbiano frate Zanobi Salimbeni (agostiniano), Gherardo Guidi arciprete dei canonici di Volterra, Antonio Zeno proposto del medesimo Capitolo e consigliere del Cardinale Soderini. Negli ultimi anni del 1400 e nei primi del 1500, la chiesa (che era lunga “braccia quaranta, larga otto e alta dieci”), fu abbellita dallo scultore volterrano Zaccaria Zacchi che realizzò due statue (la Madonna e l’Arcangelo Gabriele) in terracotta policroma. In chiesa si trovava un pulpito in pietra con lo stemma del cardinale Soderini, Vescovo di Volterra. La nobile famiglia Cavalcanti eresse invece un altare con una tela raffigurante la Vergine fra S. Barbara, patrona dei minatori, e S. Rocco, invocato da lebbrosi e appestati.

In quell’epoca c’era un uso caratteristico: per la festa di “Tutti i Santi” veniva fatto un pranzo al quale partecipava “un uomo per casa”.

Nel 1848 il pievano Gabriello Sarperi, considerando che l’antica chiesa si trovava in un luogo molto scomodo ed esposto ai venti, fece costruire la chiesa attuale, a sue spese, per 1100 scudi toscani su disegno dell’architetto Ricci. Il progetto comprendeva anche due cappelle laterali, mai costruite. Lo stesso pievano Sarperi nel 1848 ridusse a cappella un’edicola della Madonna aggiungendovi un loggiato, che poi, nel 1859, trasformò in Chiesa della Madonna. A questa spesa concorse il signor Müller di religione protestante, allora direttore della miniera di Monterufoli, con lire 280.

Dal 5 agosto 1859 si cominciò a celebrarvi la festa della “Madonna della neve” davanti al quadro portato dalla vecchia chiesa.

Nel territorio di Libbiano esisteva anche un oratorio dedicato a S. Tommaso, anticamente di proprietà di Giovanni Domenico Beltrami di Serrazzano. Il cappellano titolare era tenuto a celebrare una messa alla settimana e a solennizzare la festa del Santo (21 dicembre) e la festa della Madonna Assunta (15 agosto). La rendita di questa Cappella era di lire 24 che veniva pagata dalla famiglia Barsotti di Libbiano che aveva in affitto i beni della Cappella. Nell’anno 1795, al tempo della visita del Vescovo Alliata, 1’oratorio era in rovina. Nella chiesa parrocchiale fu eretta una cappella che era stata ordinata per testamento da Leonardo Fabbri il 10 novembre 1701 e dedicata a S. Leonardo e alle anime sante del Purgatorio. Il Vescovo Luigi Buonamici il 14 luglio 1788, alla morte del prete Niccolao Tanucci di Libbiano, nominò titolare della cappella il prete Felice Landi, pievano di Libbiano. Il diritto di scegliere e di presentare al Vescovo il titolare era di diritto al patrono Giovanni di Simone Barsotti. Il cappellano doveva celebrare una messa alla settimana per il fondatore, solennizzare la festa del titolare S. Leonardo (6 novembre) con quattro messe per le anime del Purgatorio. La rendita della cappella era di 12 scudi all’anno. Sempre nel territorio di Libbiano esisteva un oratorio dedicato all’ apostolo Andrea di proprietà della famiglia Maffei di Volterra.

Come risulta da una pergamena del 1782, “il patronato”; cioè il diritto di scegliere e nominare il pievano, spettava alla famiglia Cavalcanti e al comune di Libbiano. Questo diritto veniva esercitato alternativamente: una volta dai Cavalcanti e la volta successiva dal popolo di Libbiano. La nomina del prete Landi fu fatta dalla “Nobile Donna Caterina Concordia” figlia unica del capitano Giovanni Cavalcanti e sposata con tale Ranucci di Città di Castello. Morta Caterina Cavalcanti il diritto passò alla famiglia Ranucci. Il diritto del popolo di Libbiano fu avocato da Sua Altezza Imperiale e Reale il Granduca di Toscana, poi dal Re d’Italia; in seguito fu abolito dal Concordato nel 1929. Attualmente la parrocchia di Libbiano è di libera collazione del Vescovo di Volterra.

Presso la via che conduce a Monterufoli esisteva un’altra chiesa dedicata al martire greco S. Ermete (volgarmente detto S. Ermo). Questa era una chiesa parrocchiale e intorno al 1200 pagava una tassa al Papa per la liberazione del Santo Sepolcro, al tempo delle crociate.

CURIOSITÀ STORICHE SU LIBBIANO

LE CAMPANE

Fra le cose più antiche che si conservano nel paese ci sono certamente due delle campane dell’attuale campanile della chiesa parrocchiale. La campana più piccola fu fusa nel 1330 dal maestro Airoldo e fu dedicata alla Madonna. Questa campana porta l’iscrizione in latino “Ave Maria, Gratia Piena”, cioè, “Ave Maria, piena di Grazia”. La campana mezzana, anch’essa fusa dal medesimo maestro nel 1330, porta l’iscrizione “Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat”, cioè “Cristo vince, Cristo regna, Cristo impera”. La campana più grande fu fusa nel 1869 e poi rifusa nel 1936 perché rotta. Questa porta l’iscrizione “A fulgure et tempestate, libera nos Domine”, cioè “Dal fulmine e dalla tempesta, liberaci o Signore”.

LA VECCHIA CHIESA

Nella vecchia chiesa sita in castello, in data 28 maggio 1785, c’erano quattro altari: l’Altare Maggiore, quello del Rosario, quello di S. Barbara (dei Cavalcanti) e quello di S. Tommaso (dei Barsotti).

LE PUTIZZE E LE ZOLFATARE

Per tutto il Medioevo si continuò ad estrarre nel territorio di Libbiano zolfo, vetriolo e allume. Nel 1750 soltanto le “putizze di Soppresso” e “le cave di zolfo nero” di Fontebagni fornivano una certa quantità di minerali. Lo zolfo veniva adoperato per curare i tumori, la tisi, le malattie del petto, 1’asma, le malattie della pelle degli uomini e degli animali.

LA FESTA DELLA MADONNA DELLA NEVE

Questa festa, tanto cara ai libbianesi, ha avuto origine a Roma. Secondo una pia tradizione, un nobile romano di nome Giovanni e sua moglie, non avendo figli, decisero di donare i loro beni in onore alla Madonna: in seguito a questo fu loro rivelato che avrebbero dovuto edificare una chiesa in onore alla Madonna là dove sarebbe caduta la neve. Nella notte tra il 4 e il 5 agosto dell’anno 352, al tempo di Papa Liborio, nevicò sul colle Esquilino, dove poi per ricordare il Concilio di Efeso (431), sarebbe stata edificata l’attuale Basilica di Santa Maria Maggiore. Nel Concilio di Efeso era stata proclamata la maternità divina di Maria. In questa chiesa a Roma ogni anno il 5 di agosto, in ricordo della nevicata miracolosa si fa cadere dall’alto una “pioggia di petali” di gelsomino che vengono raccolti in segno di benedizione. A Libbiano, secondo la tradizione locale, questa festa ha origine da una leggenda paesana. Gli anziani raccontano che la sera del 4 agosto di moltissimi anni fa su una pianta vicino all’entrata del paese venne ritrovata una “Madonnina”; questa fu subito portata nella chiesa parrocchiale. Durante la notte nevicò e il mattino seguente la “Madonnina” non era più in chiesa e al suo posto c’erano delle tracce che portavano nel luogo dove era stata trovata. Varie volte i libbianesi provarono a portarla nella chiesa parrocchiale, ma questa tornava sempre al solito posto. Così in quel luogo fu deciso di costruire una Chiesa-Santuario dedicato alla “Madonna della neve”; da quel giorno, tutti gli anni, i libbianesi il 5 di agosto la ricordano con tre messe solenni e la processione nella quale viene portato il quadro della “Madonna della neve” e gli stendardi a lei dedicati.

Dai documenti più antichi esistenti presso la Curia Vescovile di Volterra risulta che a Libbiano già nel 1421 esisteva la “Compagnia della Madonna” con cappella propria presso la chiesa parrocchiale. Questa Compagnia celebrava solennemente ogni anno la festa della Madonna del Rosario. Attualmente restano a testimonianza della devozione dei libbianesi alla Madonna: il quadro dei Cavalcanti dove, in mezzo a S. Rocco e a S. Barbara, troneggia la Vergine, due statue in terracotta policroma del XV secolo raffiguranti la Madonna annunziata dall’Angelo Gabriele (in restauro), la tela rappresentante la Madonna della Neve e la Chiesa della Madonna attualmente in restauro.

LA CHIESA DEI SS. SIMONE E GIUDA

La chiesa parrocchiale è situata all’entrata del paese, costruita nel 1848. La facciata della chiesa è a “capanna”; sopra il portone ligneo, vi è un mosaico celeste che fa da sfondo al mezzobusto in terracotta della Vergine col Bambino adorati da quattro angioletti disposti a semicerchio. Sul lato sinistro del portone è posta la lapide in memoria dei caduti della Prima Guerra Mondiale. All’entrata si trova un’acquasantiera ricavata da un antico capitello in stile corinzio. Sopra c’è un balcone ligneo a tutta parete dove, una volta, era posto un organo a canne. Sulla destra vi è il fonte battesimale in marmo bianco che ha la copertura in legno intarsiato.

Guardando il presbiterio si può vedere l’Altare maggiore sovrastato da un antico crocifisso ligneo dietro al quale c’è il coro dove si trova la statua di S. Simone,

uno dei Santi Patroni della parrocchia. Ai lati dell’Altare maggiore ci sono due cappelle: quella di sinistra con il quadro dei Cavalcanti (sopra descritto) e quella di destra dedicata alla Madonna. In questa cappella, sopra l’altare, in una nicchia, vi è la statua della Madonna del Rosario del 1700 alla quale vengono donati i bouquets dalle spose. Poggiato sul piccolo altare si trova il quadro della “Madonna della Neve”. Dal coro, attraverso delle strette scale si accede al campanile, dove ci sono ancora le campane.

MONTERUFOLI cenni storici

La villa signorile di Monterufoli, detta delle “cento stanze”, è situata sull’omonimo monte, a metà strada tra Libbiano e Serrazzano. Questa villa apparteneva, un tempo, ai Maffei che erano un’ antica nobile famiglia volterrana. Monterufoli era uno dei castelli dipendenti, fin dal XII secolo dai vescovi di Volterra, a partire dal potente Vescovo Ildebrando Pannocchieschi.

In questa villa fu ospite anche il famoso umanista Michele Marullo. Tra il 1641 e il 1645 Monterufoli ospitò anche il famoso pittore Salvatore Rosa, che affrescò le stanze della villa. Nei secoli più vicini a noi, la villa rimase deserta e la sua corte e parrocchia venne riunita al comune di Libbiano.

La bandita di Monterufoli, coperta da folte boscaglie di lecci, è oggi abitata da animali in libertà. La signorilità di questa tenuta (3.420 ettari) consiste nell’indole del suolo, sparso di calcedoni traslucidi che sono stati resi celebri dal Granduca Ferdinando I alla fine del 1500. Il loro sfruttamento a scopo artistico-ornamentale si protrasse fino alla metà dell’ottocento per opera dell’Opificio Granducale delle Pietre Dure di Firenze.

ASPETTI MINERALOGICI E MINERARI

Sotto l’aspetto naturalistico, il nome di Monterufoli risulta, ancora oggi, legato all’abbondante presenza dei famosi e ricercati calcedoni. In genere, con questo nome, si intende tutto il gruppo dei quarzi microcristallini a struttura fibrosa (agata corniola), differenti assai dai quarzi cristallini. I calcedoni di Monterufoli sono celebri anche perché presentano svariate colorazioni molto indicate per le opere di mosaico.

In questa zona c’è anche una diffusa presenza di rame. Si trovano: rame giallo, rame paonazzo, rame grigio, pirite, azzurrite e crisocolla. Nel 1850 era già attiva la “miniera del Castagno”. Qui si estraeva rame giallo e rame paonazzo. Questa nel 1860 sembrava offrire grandi speranze. Nel fondo della valle fu scavata una lunga galleria da cui furono poi dipartite varie traverse e una discenderia che dava accesso ad un secondo piano di avanzamento.

Tra i lavori più importanti sono segnalati un pozzo profondo 150 metri e una galleria di 900 metri. Di questa oggi si può osservare l’imbocco della galleria armata in muratura sulla sponda destra del torrente Trossa presso la confluenza con il Botro di S. Barbara.

LA VEGETAZIONE

L’ associazione vegetale del complesso di Monterufoli, è caratterizzata dalle latifoglie sempreverdi a foglia consistente che caratterizzano la macchia mediterranea.

Nello strato arboreo, le specie più rappresentative sono costituite dal leccio, dal corbezzolo e dalla sughera. Molte sono anche le specie arbustive: la tignamica, la ginestra, il lillatro, il mirto, la scopa e molto diffusi sono anche i ginepri. Accanto alle specie sempreverdi sono presenti anche le latifoglie decidue: il ceno, la roverella, la querce, l’olmo e l’ ornello dal quale nei tempi passati si raccoglieva la “Manna”. Questa è una sostanza che viene estratta dal tronco dell’ornello con una serie di incisioni praticate nella corteccia. La “Manna” aveva molte proprietà come quella rinfrescante, lassativa e depurativa.

Altre specie arbustive che producono frutti appetitosi per gli animali sono: il prugnolo, il biancospino, il corniolo e la rosa canina. Ampie zone sono state destinate a rimboschimenti negli anni tra il 1950 e il 1970, effettuati a pino.

LE ORCHIDEE

Tra le fioriture primaverili sono, senza dubbio, le forme e i colori delle orchidee spontanee ad esercitare maggior fascino. Molti le apprezzano per il loro straordinario livello di evoluzione, per la loro capacità di svilupparsi su terreni estremamente poveri, per la variabilità dei loro fiori e la loro rarità.

Nella foresta di Monterufoli numerose orchidee hanno trovato condizioni assai favorevoli al loro sviluppo, proprio in virtù dell’elevato livello di naturalità di questi luoghi. Qui possiamo trovare: l’orchidea piramidale con i fiori rosa (Anacamptis Pyramidalis), l’orchidea pagliaccio (Orchis Morio), l’orchidea purpurea (Orchis Purpurea), l’orchidea farfalla (Orchis Papilionacea), la “lingua di gallina” (Seratis Lingua), la “bocca di gallina” (Seratis Neglecta), l’orchidea tridentata (Orchis Tridentata), l’orchidea maculata (Dactylorhiza Maculata), la lingua lunga (Seratias Vomeracea), l’orchidea cimicina (Orchis Coriophora), l’orchidea verde (Platanthera Chlorantha).

Le orchidee sono molto sensibili ai pericoli che minacciano gli habitat naturali. Per questo è assolutamente vietata la raccolta, infatti la loro bellezza si apprezza di più nei luoghi dove vivono, che in una sterile raccolta.

I FUNGHI

Il complesso forestale tra Libbiano e Monterufoli si presenta assai ricco anche dal punto di vista mitologico: numerose sono le specie di funghi presenti nei vari periodi dell’anno. Qui si possono raccogliere il porcino, il leccino, i prataioli, la mazza di tamburo, l’ovulo buono, i ladroni, i gallinacci ecc.. Da segnalare la possibilità di trovare alcuni tipi di tartufo.

GLI UCCELLI

La zona di Monterufoli è molto favorevole all’insediamento di varie specie di “passo” come la beccaccia, il tordo, la cesena, lo storno ecc.. Tra le specie nidificanti abbiamo l’allodola, la rondine, il pettirosso, l’usignolo, la capinera, il fringuello e il cardellino.

Di notevole entità è il contingente dei “colombacci” di passo. Abbiamo anche la presenza del cuculo che depone le sue uova nei nidi altrui. Ci sono anche i rapaci notturni come il barbagianni, la civetta e l’allocco. Tra i rapaci diurni sono presenti il falco, la poiana e il biancone.

I MAMMIFERI

In questa zona vi sono svariate specie di mammiferi. Tra gli insettivori spicca il riccio, tra i roditori troviamo lo scoiattolo e il ghiro. Passeggiando in questo meraviglioso bosco possiamo avere la fortuna di incontrare la donnola, la faina, il tasso, l’istrice, la volpe, il cinghiale, il muflone, il daino e il capriolo.

Famoso e protetto è il cavallo da tiro Monterufolino. Questa razza è nata a opera dei Conti Guidi nel 1600 ed è stata incrementata negli ultimi anni dalla Comunità Montana Alta Val di Cecina. Attualmente vive allo stato brado nei boschi di Monterufoli ed è possibile vederne numerosi esemplari.

ITINERARI

Percorrendo la strada che da Libbiano va a Monterufoli, troviamo degli itinerari nel bosco ideati dalla Comunità Montana Alta Val di Cecina percorribili a piedi:

Trossa: percorso N. 12
Tempo di percorrenza h: 3,30
Lunghezza km. 7,2
Grado di difficoltà: impegnativo.
Lungo questo percorso si trova una sorgente di acqua potabile.

Botticella: percorso N. 9
Tempo di percorrenza h: 3,40
Lunghezza km. 5,9
Grado di difficoltà: impegnativo.

Poggio Vecchio: percorso N. 6
Tempo di percorrenza: h. 2,30
Lunghezza km. 4,8
Grado di difficoltà: facile.
Lungo questo percorso possiamo vedere le fondamenta dell’antica chiesa di S. Ermo sopra citata.

Linari: percorso N. 7
Tempo di percorrenza h: 1,15
Lunghezza km.2,2
Grado di difficoltà: medio.

Poggio d’Antonio N. 5
Tempo di percorrenza h: 0,40
Lunghezza km.1,5
Grado di difficoltà: facile.

 

Bibliografia
Monsignor Vezio Dell’Omo “Memorie storiche di Libbiano”, 1981
Targioni Tozzetti “Viaggi in Toscana” (ed.1769)
Angelo Marrucci “Geologia e aspetti minerari di Monterufoli e Berignone-Tatti”.

Libbiano - foto di Diego Colivicchi
Libbiano (Ph. Diego Colivicchi)

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